martedì 29 dicembre 2015

Fattore religioso e relazioni internazionali. Intervista ad Ali Reza Jalali sull'accordo nucleare iraniano (Università d'Estate di San Marino)



Il nuovo ruolo dell’Europa e dei Piccoli Stati



XX Corso dell'Università d'estate della Repubblica di San Marino



Ieri è iniziata la ventesima edizione dell’Università d’Estate di San Marino con un ricco programma di docenti internazionali, ha aperto i lavori il Segretario di Stato per gli Affari Esteri della Repubblica di San Marino, l’On. Pasquale Valentini con un intenso discorso declinato come di consueto da un’analisi, prima che politica, di valori. La necessità di San Marino - ha sottolineato Pasquale Valentini - in un momento così delicato, in cui si sta avvicinando all’Unione Europea, è di riflettere seriamente su cosa sia l’Europa, con momenti di approfondimento come l’Università d’Estate che potrebbero divenire più frequenti durante l’arco dell’anno, in modo da instaurare un momento di confronto permanente. Sono seguiti i saluti di Sua Eccellenza Mons.Turazzi. I lavori sono entrati nel vivo con una lezione magistrale del prof. Mislav Jezic, docente di storia delle religioni dell’Università di Zagabria e del giovanissimo dr. Federico Petroni, responsabile del Limes club di Bologna. 
Particolarmente interessante il confronto oggi tra Franco Cardini, storico e Presidente della Fondazione Paneuropea Sammarinese e Ali Reza Jalali, Università di Verona sull’accordo di Vienna appena sottoscritto dall’Iran sul tema dell’utilizzo dell’energia nucleare. Ali Reza Jalali ha illustrato in una sintesi particolarmente acuta come l’Iran non abbia nessun tipo di vantaggio strategico ad utilizzare per fini di aggressione a paesi terzi la bomba atomica, altresì ha indicato quali profili tecnici potrebbero essere causa di una mancata ratifica dell'accordo. Anche lo storico Franco Cardini, dopo una interessantissima descrizione storica del mondo islamico ha convenuto sulle stesse conclusioni: L'Iran non essendo una grande potenza ed essendo stato colpito per molti anni da sanzioni internazionali che hanno minato profondamente l'economia del paese non ha interesse alcuno ad utilizzare il nucleare per fini bellici.




giovedì 24 dicembre 2015

"L'Islam e la violenza": Convegno internazionale a Roma il 23 gennaio 2016 e presentazione dell'omonimo volume

Segnaliamo una imminente pubblicazione, a cura della casa editrice Irfan Edizioni, dal titolo "L'Islam e la violenza", con contributi di vari studiosi di caratura internazionale. In appendice al testo si trova anche un saggio di Ali Reza Jalali, Direttore del nostro Dipartimento di Studi giuridici, politici ed economici (Centro studi internazionale Dimore della Sapienza) dal titolo: "Il concetto di guerra legale in Carl Schmitt e nel diritto islamico".
 
Il libro sarà presto disponibile e potrà essere acquistato anche presso l'editore, contattandolo tramite la mail che troverete sul sito ufficiale di Irfan Edizioni.
 
Inoltre il volume potrà essere acquistato dal vivo, oltre che in libreria, anche durante il convegno internazionale del 23 gennaio a cura del Centro studi internazionale Dimore della Sapienza  a Roma.
 

SEYYED HOSSEIN NASR
JOHN L. ESPOSITO
REZA SHAH-KAZEMI
...

L'ISLAM E LA VIOLENZA
Prefazione di
Enrico Galoppini

Appendice: Ali Reza Jalali, Il concetto di "guerra legale" in Carl Schmitt e nel diritto islamico
 





 
 
Il Centro Studi Internazionale "Dimore della Sapienza" e Link Campus University, in un momento difficile come quello che stiamo vivendo, organizzano insieme un evento per fornire delle precisazioni sul valore della parola ISLAM e sulla sua relazione con la questione della violenza, cercando di chiarire dubbi e confusioni, al di là del linguaggio spesso pregiudiziale dei media.
 
 
Interverranno esponenti musulmani appartenenti alle due maggiori correnti dell'Islam (hujjatulislam Emami, Omar Camiletti), autorevoli studiosi e accademici (Mario Polia e Anna Maria Cossiga), personalità diplomatiche (G.A. Pourmarjan) e il noto giornalista, intellettuale e scrittore Pietrangelo Buttafuoco. Saluti di Vincenzo Scotti (ex-ministro, Presidente Uni Link Campus) e Carlo Corbucci (avvocato, presidente onorario Centro Studi Dimore della Sapienza). Modera la giornalista e antropologa Tiziana Ciavardini. 

 Link Campus University - Sala Biblioteca, via Nomentana 335 (altezza XXI Aprile), sabato 23 gennaio, inizio ore 15
 
Per ogni ulteriore informazione sulla pubblicazione e sul convegno contattare:
 
 dimoredellasapienza@yahoo.it

lunedì 23 novembre 2015

Call for Papers: “Diritto pubblico, scienze politiche, Islam. Raccolta di saggi, volume II”



Il Dipartimento di Studi giuridici, politici ed economici del Centro Studi Internazionale Dimore della Sapienza bandisce un concorso per selezionare dei saggi e articoli scientifici originali, finalizzati ad una pubblicazione cartacea (libro con codice ISBN, quindi i contributi saranno utilizzabili come titoli anche per eventuali concorsi accademici): “Diritto pubblico, scienze politiche, Islam. Raccolta di saggi, volume II”

I saggi dovranno essere pertinenti, ovvero riguardare i temi del diritto, delle scienze politiche e delle scienze sociali, nonché delle scienze economiche, in relazione alla religione musulmana, alla comunità islamica residente nei paesi non musulmani, ai paesi islamici e alle relazioni internazionali del mondo islamico; verranno in ogni caso prese in considerazione anche istanze concernenti il tema del fattore religioso in generale, fuori dal problema islamico.

I saggi dovranno contenere in modo obbligatorio delle note e un sunto, insieme a una breve nota biografica dell’autore.

I saggi saranno sottoposti a referaggio anonimo da parte di esperti ed accademici.

I contributi dovranno pervenire alle caselle di posta elettronica indicate a fine pagina, di pertinenza della Direzione, la quale informerà i pretendenti dell’esito positivo o negativo delle valutazioni.

I contributi dovranno pervenire entro e non oltre il 31 maggio 2016.

Gli esiti delle valutazioni saranno espressi entro il 31 luglio 2016.  

(Attenzione: Il primo volume di tale collana è stato già compilato ed è in fase di pubblicazione)

L’editore sarà Irfan Edizioni. La pubblicazione avverrà, salvo imprevisti, a cura del Dipartimento e del Direttore, tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017.

Per ogni informazione contattare il Curatore del volume, ovvero di Direttore del Dipartimento, dott. Ali Reza Jalali: alirezajalali1@yahoo.it oppure alireza.jalali@univr.it.

mercoledì 28 ottobre 2015

L'accordo nucleare con l'Iran: i problemi persistono

Di seguito la traduzione adattata - a cura di Ali Reza Jalali - dell'articolo "The Iran Deal: Persisting Problems" di Michael Rubin (AEI, centro di ricerca americano neocon, 27 ottobre 2015) (https://www.aei.org/publication/the-iran-deal-persisting-problems/). Dall'articolo emerge una enorme preoccupazione per gli eventuali effetti benefici dell'Accordo di Vienna per l'Iran. In ogni caso bisogna ribadire che, le eventuali preoccupazioni del saggista, potrebbero essere giustificate in una certa misura, se e solo se ci sarà effettivamente la rimozione delle sanzioni anti-iraniane, cosa che al momento non si è ancora concretizzata.  


Recentemente l'Iran, di comune accordo col 5+1 (USA, Regno Unito, Francia, Cina, Russia e Germania), ha formalmente adottato il nuovo accordo sul nucleare concluso questa estate a Vienna. Nei prossimi giorni, secondo i termini dell'accordo, la Repubblica islamica ha l'obbligo di avviare l'attuazione di una serie di obblighi, concernenti tra l'altro il ridimensionamento drastico del suo programma atomico.

Ci sono buone ragioni per credere che possa farlo nel breve termine, perché la portata del rilievo delle sanzioni contenute nell'Accordo di Vienna è enorme - equivalente a un quarto del totale dell'economia iraniana. In quanto tale, il rispetto dei termini della transazione è una cosa positiva per gli ayatollah iraniani, almeno per il momento.

Tuttavia, ciò non significa un segnale finale e positivo al problema Iran per l'America. Al contrario, l'entrata in vigore dell'Accordo di Vienna inaugura una nuova - e ancora più impegnativa - fase della politica americana in Medio Oriente.

L'accordo nucleare ha iniziato a potenziare una serie di atteggiamenti aggressivi iraniani. Nelle ultime settimane, la Repubblica islamica ha avviato importanti nuovi colloqui in materia di appalti con fornitori di armi come la Russia e la Cina, ha condotto una prova di missili balistici in violazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, e ha notevolmente ampliato la propria presenza militare in Siria. Questo avventurismo, inoltre, è pronto a diventare più pronunciato nelle settimane e nei mesi a venire, in quanto i benefici economici del patto nucleare cominceranno a vedersi in modo lampante.

Considerato quanto sopra, i politici americani devono cominciare a pensare sugli effetti negativi per gli USA dell'Accordo di Vienna. Bisogna studiare delle contromisure; queste rientrano in quattro grandi categorie.

Reciprocità. I particolari dell'accordo confermano che l'obiettivo iniziale della diplomazia occidentale con l'Iran - ovvero il ridimensionamento delle infrastrutture nucleari della Repubblica islamica - non è stato raggiunto. Al contrario, i termini dell'accordo effettivamente aiutano l'Iran a sviluppare un programma nucleare più forte nel corso del tempo. Gli Stati Uniti hanno bisogno quindi di sviluppare e implementare tecnologie avanzate per monitorare con precisione le attività nucleari dell'Iran, affinché siano in linea coi parametri dell'Accordo di Vienna - così come gli americani dovranno delineare pubblicamente una serie di punizioni per ledere le trasgressioni della Repubblica islamica.

Guerra economica. In Iran oggi, l'esercito clericale, ovvero quello delle Guardie rivoluzionarie islamiche (IRGC), è la seconda forza istituzionale del paese dopo la Guida Suprema. E' a dir poco una potenza economica, infatti tale esercito detiene il controllo di un terzo di tutta l'economia iraniana. Di conseguenza, l'IRGC sarà inevitabilmente tra i maggiori beneficiari dell'annullamento delle sanzioni e la sua potenziale minaccia si espanderà di conseguenza. La limitazione della capacità distruttiva dell'IRGC richiede una limitazione del suo accesso all'economia internazionale - formalmente designando l'intera IRGC come una entità terrorista, e poi completando la mappatura e l'individuazione delle sue entità costitutive, degli interessi economici vitali e colpendo le transazioni internazionali della Guardia rivoluzionaria coi partner stranieri. 

Difesa. L'amministrazione Obama ha articolato il suo impegno per dissuadere l'Iran riguardo al perseguimento delle armi nucleari, e ha detto che avrebbe usato la forza militare per fare ciò, se necessario. Eppure l'amministrazione finora non ha compiuto passi concreti per convincere il regime iraniano a fermarsi. Ciò richiederebbe una deterrenza inequivocabile facendo leva sulla forza militare americana, affinché gli iraniani sentano sempre sopra le loro teste la spada di Damocle degli USA. Ciò vorrebbe anche dire la prontezza in caso di violazioni iraniani ad un'azione militare diretta americana contro obiettivi iraniani, o almeno il potenziamento degli alleati regionali degli USA minacciati dall'espansionismo iraniano. 

La democrazia iraniana. Già classificato tra i regimi più repressivi del mondo, l'Iran nel corso degli ultimi anni, si è impegnato in un giro di vite sui diritti umani, la libertà di espressione e di scelta politica. Questa traiettoria dovrebbe essere di notevole interesse per i politici americani, perché la popolazione iraniana, circa 82 milioni, è prevalentemente giovane, istruita, e occidentalofila. Questo "altro" Iran ha in sé la promessa di un rapporto più duraturo e armonioso con l'Occidente. Ma l'Accordo di Vienna mette in pericolo il potenziale democratico dell'Iran, in quanto rafforza il regime iraniano a spese della sua popolazione in cattività. In risposta, il Congresso deve agire in modo più risoluto che mai, sia attraverso dichiarazioni pubbliche, sia attraverso la legislazione concreta, mettendo i riflettori sulle perpetue violazioni dei diritti umani in Iran, con l'obiettivo di colpire dal punto di vista legale il regime in caso di ulteriori violazioni dei diritti umani e della democrazia. 

Tutti questi passaggi sono necessari perché, mentre un accordo nucleare è ormai stato raggiunto, la sfida strategica più ampia che l'Iran rappresenta per gli interessi USA e per gli alleati americani della regione persiste. Un'azione risoluta è necessaria per evitare imbrogli iraniani mentre l'accordo è in vigore. 

Attualmente, negli Stati Uniti mancano sia la capacità, sia la credibilità per rispondere alle potenziali conseguenze dell'accordo nucleare. Alterare questo stato di cose deve diventare una priorità per i legislatori degli Stati Uniti nei mesi e anni a venire.

martedì 27 ottobre 2015

Due nuovi lavori a cura del Direttore del Dipartimento di Studi giuridici, politici ed economici del Centro Studi Internazionale Dimore della Sapienza

Si segnalano due nuovi lavori a cura del Direttore del Dipartimento di Studi giuridici, politici ed economici del Centro Studi Internazionale Dimore della Sapienza, entrambi all'interno del nuovo numero di "Eurasia. Rivista di studi geopolitici":
 
XXXIX (3 - 2015) ::::  
 
 
- Ali Reza Jalali, La guerra all’ISIS senza l’ONU

- Ali Reza Jalali, L’immigrazione afghana in Iran
 
 

domenica 13 settembre 2015

Conferenza a Brescia sull'Islam europeo a cura del C. S. I. "Dimore della Sapienza"

Conferenza a Brescia: “Identità europea e questione islamica”

 
 

 

Può esistere una identità europea autoctona, orgogliosa delle proprie radici e delle proprie tradizioni, in simbiosi con l’Islam? L’identità europea, per come si è forgiata lungo la storia, è compatibile con la religione musulmana? Esiste un Islam europeo indigeno o l’unica forma di Islam possibile è quella che va di pari passo con l’immigrazione? Quale rapporto esiste tra religione musulmana e fenomeni migratori? E’ giusto identificare l’Islam con gli immigrati musulmani o esiste un Islam europeo autoctono fiero di essere tale che si batte contro l’immigrazione di massa?

Queste sono alcune delle domande alle quali cercheremo di dare una risposta, il 10 ottobre 2015 (ore 15:30) a Brescia (via Pasquali 5), grazie ad una conferenza (“Identità europea e questione islamica”) organizzata dal Centro Studi Internazionale “Dimore della Sapienza” in collaborazione con “Eurasia. Rivista di studi geopolitici”.

L’evento sarà introdotto dal Presidente del C. S. I. “Dimore della Sapienza”, dott. Ali Reza Jalali, e vedrà come relatori il Direttore della rivista “Eurasia” – prof. Claudio Mutti – e il Direttore del Dipartimento di Studi storici del C. S. I. “Dimore della Sapienza” – dott. Paolo Rada – nonché la partecipazione alla discussione del prof. Enrico Galoppini, già docente di Storia dei Paesi islamici all’Università di Torino.

L’ingresso è libero e i presenti potranno, al termine delle relazioni, fare delle domande inerenti gli argomenti della conferenza ai relatori. 
 
 L'intervento di Claudio Mutti affronterà la storia della presenza islamica in Europa, partendo dal Medio Evo in poi. L'intervento di Paolo Rada si concentrerà maggiormente sui problemi dell'Islam europeo contemporaneo. Enrico Galoppini farà una relazione critica, partendo dagli interventi di Mutti e Rada.
 
Per ogni info:
 
 

lunedì 24 agosto 2015

Ali Reza Jalali all'IRIB: rapporti Turchia- Russia in crisi


 

Ali Reza Jalali all'IRIB: rapporti Turchia- Russia in crisi                 
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TEHERAN (IRIB)- Ali Reza Jalali, presidente del Centro Studi Internazionale “Dimore della Sapienza”,  saggista e analista delle questioni politiche internazionali è stato intervistato dalla nostra Redazione sulla politica interna ed internazionale turca e i suoi conflitti interni ed esteri.
Per ascoltare la versione integrale della sua intervista potete cliccare qui sotto:
 
 

venerdì 14 agosto 2015

Centro Studi sul Federalismo segnala un articolo del Presidente del Centro Studi Internazionale "Dimore della Sapienza"

Il Centro Studi sul Federalismo (http://www.federalism-bulletin.eu/User/) segnala un articolo di Ali Reza Jalali, sul federalismo iracheno apparso sulle pagine della rivista di geopolitica "Eurasia" (1-2015) dal titolo "L'incerto federalismo iracheno".
 
 
 
 
 
Ali Reza Jalali
L’incerto federalismo iracheno
in Eurasia Rivista di studi geopolitici , XXXVII (1-2015), “L’Eurasia aggredita su più fronti” , 2015
 
SEZIONE: Processes of federalization and decentralization
 
 
N.B. Il Centro Studi sul Federalismo è stato istituito il 28 novembre 2000, dalla Compagnia di San Paolo e dalle Università degli Studi di Torino, di Pavia e di Milano. Il CSF è una fondazione con sede al Collegio Carlo Alberto a Moncalieri (Torino)

lunedì 3 agosto 2015

Il Fattore “R”. Conflitti religiosi, Religioni civili, Scenari geopolitici

Il Fattore “R”. Conflitti religiosi, Religioni civili, Scenari geopolitici


Ieri è iniziata la ventesima edizione dell’Università d’Estate di San Marino con un ricco programma di docenti internazionali, ha aperto i lavori il Segretario di Stato per gli Affari Esteri della Repubblica di San Marino, l’On. Pasquale Valentini con un intenso discorso declinato come di consueto da un’analisi, prima che politica, di valori. La necessità di San Marino - ha sottolineato Pasquale Valentini - in un momento così delicato, in cui si sta avvicinando all’Unione Europea, è di riflettere seriamente su cosa sia l’Europa, con momenti di approfondimento come l’Università d’Estate che potrebbero divenire più frequenti durante l’arco dell’anno, in modo da instaurare un momento di confronto permanente. Sono seguiti i saluti di Sua Eccellenza Mons.Turazzi. I lavori sono entrati nel vivo con una lezione magistrale del prof. Mislav Jezic, docente di storia delle religioni dell’Università di Zagabria e del giovanissimo dr. Federico Petroni, responsabile del Limes club di Bologna. 
Particolarmente interessante il confronto oggi tra Franco Cardini, storico e Presidente della Fondazione Paneuropea Sammarinese e Ali Reza Jalali, Università di Verona e Centro Studi Internazionale Dimore della Sapienza, sull’accordo di Vienna appena sottoscritto dall’Iran sul tema dell’utilizzo dell’energia nucleare. Ali Reza Jalali ha illustrato in una sintesi particolarmente acuta come l’Iran non abbia nessun tipo di vantaggio strategico ad utilizzare per fini di aggressione a paesi terzi la bomba atomica, altresì ha indicato quali profili tecnici potrebbero essere causa di una mancata ratifica dell'accordo. Anche lo storico Franco Cardini, dopo una interessantissima descrizione storica del mondo islamico ha convenuto sulle stesse conclusioni: L'Iran non essendo una grande potenza ed essendo stato colpito per molti anni da sanzioni internazionali che hanno minato profondamente l'economia del paese non ha interesse alcuno ad utilizzare il nucleare per fini bellici.

Comunicato stampa


Dal sito della tv pubblica della Rep. di San Marino 

http://www.smtvsanmarino.sm/comunicati/2015/07/25/identita-memoria-fattore-r-conflitti-religiosi-religioni-civili-scenari-geopolitici

martedì 21 luglio 2015

“Identità e memoria”: Il Fattore “R”. Conflitti religiosi, Religioni civili, Scenari geopolitici. Il nuovo ruolo dell’Europa e dei Piccoli Stati

 
Sala della Fondazione Cassa di Risparmio, Via Piana 1 San Marino Città – Repubblica di San Marino (RSM)
 
“Identità e memoria”: Il Fattore “R”
Conflitti religiosi, Religioni civili, Scenari geopolitici.
Il nuovo ruolo dell’Europa e dei Piccoli Stati
 
 
 
 
24 Luglio 2015 ore 15.30

 Apertura dei Lavori - Saluti Istituzionali.
 
S.E. Mons. Andrea Turazzi, Vescovo della Diocesi di San Marino-Montefeltro
 
On. Pasquale Valentini, Segretario di Stato per gli Affari Esteri, Repubblica di San Marino.
 
Prof. Adolfo Morganti, Vice-Presidente della Fondazione Paneuropea Sammarinese
...
 
I Sessione
 
Ore 16,30
 
Funzione e nodi del dialogo interreligioso in Europa oggi
 
Prof. Mislav Jezic, Storico delle Religioni, Zagabria.
 
Dott. Federico Petroni, Consigliere redazionale di Limes: “La radice quadrata del caos in Medio Oriente”.
Moderatore: dott. Stefano Manganaro, Istituto italiano per gli Studi storici, Napoli IISS.
 
Discussione.
 
II Sessione
 
25 Luglio ore 9.30
 
Nuovi idoli, nuove religioni: mercato globale, fondamentalismo, laicismo di Stato
Prof. Alessandro Voglino, Università La Sapienza, Roma: “Fra poteri apolidi e denaro virtuale”.
Dott. Robert Attarian, Portavoce del Consiglio della Comunità Armena di Roma: “Gli Armeni ed i Cristiani d’oriente oggi. A cent’anni dal genocidio.”
Moderatore: dott. Marcello Ciola, Identità Europea.
 
Discussione.
 
III Sessione
 
25 Luglio ore 15.00
 
L’Europa e l’Islam: rappresentazioni e sfide
 
Dott. Ali Reza Jalali, Presidente Centro Studi Internazionale “Dimore della Sapienza”: “Le relazioni tra l'Iran e l'Occidente: la crisi nucleare e non solo”
Prof. Franco Cardini, Presidente Fondazione Paneuropea Sammarinese, Università di San Marino: “Il feticcio del Califfato e le ipocrisie dell'Occidente.”
Moderatore: Carlo Romeo, Direttore di San Marino RTV. Discussione
 
 
Il tema del XX Corso.

 Nello scenario di una globalizzazione oramai sviluppatasi pienamente, la costante esplosione di conflitti a forte base (quantomeno apparente) religiosa e le tensioni etniche che si collegano e rinforzano a partire da tensioni tra religioni - o tra comunità religiose ed apparati repressivi di Stati a-religiosi - compongono un mosaico che di per sé smentisce le previsioni di chi, ad Oriente come ad Occidente, fino a pochi decenni fa profetizzava una inelut...
tabile “fine del religioso” ed una dilagante laicizzazione, consustanziale alla diffusione nel mondo della filosofia di vita “laica” ed “occidentale”. Nel contempo, anche all’interno del medesimo “occidente” si assiste da un lato alla rinascita di esperienze religiose di massa, non sempre collegate alle religioni tradizionali, e simmetricamente nella diffusione di “religioni civili” che si atteggiano nei confronti delle tradizioni religiose storicamente egemoni in maniera sovente fortemente dialettica, facendo intravedere non di rado il profilo di rinnovate tensioni fra Stati e Chiesa. Infine, mentre il Dialogo fra le grandi religioni è comunemente invocato da tutti coloro che intendono prevenire “scontri di civiltà”, crescono i dubbi relativi alla capacità reale delle comunità religiose di incidere sui processi geopolitici in atto, lasciando senza risposte gli appelli di importanti Autorità spirituali a livello planetario.

 Uno scenario complesso e stimolante: per i Piccoli Stati che, come San Marino, camminano verso l’UE, questa prospettiva rappresenta una sfida aperta da affrontare nel solco della propria antica tradizione di tutela della propria identità storico-culturale e, nel contempo, apertura e dialogo interculturale e interreligioso. Per l’Europa tutta, la grande sfida degli anni a venire.

martedì 14 luglio 2015

L’accordo è storico? Forse, ma non è definitivo



Analisi a cura del Direttore del Dipartimento di Studi giuridici, politici ed economici del Centro Studi Internazionale "Dimore della Sapienza"
 

Ali Reza Jalali

E’ bene non illudersi; l’accordo di Vienna sul nucleare iraniano raggiunto il 14 luglio non rappresenta un testo con una valenza giuridica e vincolante per le parti (UE, Germania, Francia, Regno Unito, Russia, Cina, USA, Iran). Ora, “Joint Comprehensive Plan of Action” alla mano – così è stato denominato l’accordo formalmente – possiamo solo dare delle valutazioni momentanee, in attesa che il documento venga ratificato dai parlamenti nazionali, cosa non del tutto scontata visto che nel Congresso americano i repubblicani, vicini al governo israeliano, fortemente critici con l’approccio morbido di Obama nei confronti del nuovo Iran di Rohani, sono la forza di maggioranza e potrebbe esserci in extremis la bocciatura del JCPOA, facendo così naufragare gli sforzi della diplomazia di mezzo mondo. La saggezza quindi impone di attendere prima di parlare di un accordo storico e di grande vittoria per la comunità internazionale. Ciò non toglie che analizzando il testo dell’accordo, balzano all’occhio aspetti interessanti e lo stesso dicasi per le reazioni dei principali attori politici coinvolti a livello internazionale. Un ulteriore aspetto di interesse nella vicenda è poi la reazione delle varie forze politiche interne iraniane, che con diversi punti di vista e sensibilità seguono la vicenda. In primo luogo notiamo una contraddizione molto forte nel JCPOA rispetto a quelle che furono solo pochi mesi fa talune indicazioni della Guida iraniana sulle trattative: infatti, nel documento viennese si parla di un approccio graduale nell’applicazione dei punti nodali dell’accordo, quindi anche per ciò che concerne la rimozione delle sanzioni contro la Repubblica Islamica dell’Iran. “
 
This JCPOA, reflecting a step-by-step approach, includes the reciprocal commitments as laid down in this document” (1), si legge nel documento, e ciò in palese contraddizione con l’opinione del Capo di Stato iraniano, l’ayatollah Khamenei, che aveva posto come condicio sine qua non l’eliminazione completa e immediata di tutte le sanzioni contro l’Iran. In pratica, o i diplomatici iraniani hanno agito in contraddizione con le indicazioni della Guida, e quindi è presumibile che il testo, una volta analizzato dalla Guida stessa, venga ritenuto inadeguato e quindi, attraverso il mancato procedimento di ratifica parlamentare – il Majles iraniano (Parlamento) è dominato da deputati vicini alla Guida – venga spedito al mittente, oppure in questi pochi mesi la Guida ha cambiato opinione e riterrebbe oggi anche una rimozione “step-by-step” delle sanzioni in linea con l’interesse nazionale del paese persiano, giudicata come razionale in considerazione dell’eventuale miglioramento graduale dell’economia iraniana, anche se pure tale considerazione sarebbe in contraddizione con quanto detto in precedenza dalla Guida, ovvero che i problemi economici dell’Iran devono essere risolti grazie alle risorse interne e non agli accordi internazionali. Questo secondo noi è un punto importante, per capire veramente cosa ha in mente la Guida, vero ago della bilancia della politica interna iraniana. Oltre a ciò non si sono fatte attendere le reazioni dei leader internazionali; fortemente critico, come era presumibile, il governo israeliano che ha definito il risultato giudicato positivo dai paesi coinvolti negli accordi di Vienna come una vittoria per l’Iran e per un paese che sponsorizza, a detta degli israeliani, il terrorismo internazionale e l’instabilità regionale. Israele però sembra una delle poche voci fuori dal coro, visto che da Washington a Mosca, passando per l’Europa, sembra invece esserci ottimismo. I media interni iraniani poi, legati ognuno a un partito o a una fazione, tendono a dare le notizie sulla vicenda in base al proprio orientamento politico, ognuno sottolineando gli aspetti che confermano apprensioni o considerazioni positive sulla questione. Il principale organo propagandistico del governo, l’agenzia di stampa IRNA, riporta ad esempio con toni trionfalistici le esternazioni di Rohani, il quale ha detto che oggi si segna un punto importante a favore della fine delle ingiustizie perpetrate contro l’Iran e per l’inizio di una positiva collaborazione globale.
 
Il presidente iraniano si è congratulato col popolo e ha sottolineato come gli sforzi dei suoi diplomatici si siano concretizzati in una grande conquista, ovvero quello di portare un paese come l’Iran, condannato in seno al CSNU, con la spada di Damocle del capitolo VII della Carta dell’ONU, fuori dall’alveo di tale difficile situazione, attraverso un processo diplomatico. Anche i media vicini alla maggioranza parlamentare pongono l’accento sull’importanza dell’accordo raggiunto, facendo presumere come, a meno di clamorosi veti della Guida, il potere legislativo potrebbe ratificare l’accordo. Di segno diametralmente opposto invece le opinioni che emergono dai media delle opposizioni più intransigenti. Ad esempio, il sito RAJA-NEWS, vicino all’ultra- destra religiosa, parla apertamente di propaganda, accusando il governo di non dire la verità sulle ampie concessioni fatte dagli iraniani agli americani per poter raggiungere l’accordo (parzialmente) definitivo. L’organo di informazione, vicino all’ex negoziatore Jalili, indica molto pericolose le concessioni fatte nell’alveo della possibilità per gli ispettori internazionali di visitare i siti militari della Repubblica Islamica, accusando il governo di aver dato il proprio assenso allo spionaggio occidentale contro l’Iran. Interessanti poi anche le considerazioni che emergono dal sito DOLATE BAHAR, della destra nazional-islamica, vicina all’ex presidente Ahmadinejad. In un articolo pubblicato poco dopo le esternazioni di Obama sull’accordo di Vienna, il sito di opposizione al governo iraniano in carica pone l’accento sulla eccessiva soddisfazione degli americani per il JCPOA. Secondo il sito infatti, Obama avrebbe detto che tutte le linee rosse statunitensi sono state rispettate e che in base all’accordo l’Iran ha rinunciato di fatto al 98 percento dell’arricchimento dell’uranio. Il presidente americano ha poi confermato che le sanzioni all’Iran non saranno rimosse immediatamente, ma gradualmente, sottolineando come alla minima trasgressione degli accordi da parte degli iraniani, tutte le sanzioni verranno restaurate. Sempre in base a quanto riportato dal sito vicino ad Ahmadinejad, Obama avrebbe affermato che se l’Iran non rispetterà i patti, non solo verranno reintrodotte le sanzioni, ma tutte le opzioni per fermare il programma atomico iraniano saranno prese in considerazione, sia da parte del suo esecutivo, sia da parte del prossimo (quindi anche l’opzione militare). Il presidente americano ha poi concluso dicendo che non verranno scalfite le sanzioni anti-iraniane riguardo alla violazione dei diritti umani, del sostegno di Tehran al terrorismo internazionale e di taluni aspetti dello sviluppo militare (missili balistici). Il quadro quindi è ancora molto fluido e bisogna aspettare per dare un giudizio; però bisogna avere una cosa in mente in modo chiaro. Ammesso e non concesso che i parlamenti nazionali ratifichino l’accordo, il testo del documento è scritto volutamente in modo da non costringere, soprattutto la parte occidentale, ad una adesione completa e definitiva alle concessioni fatte agli iraniani. In pratica, visto che la valutazione del fatto che gli iraniani attuino o meno i punti dell’accordo è prerogativa degli stessi paesi che hanno firmato l’intesa, nulla potrebbe impedire ad un futuro governo americano di ritenere l’Iran come trasgressore, sancendo quindi unilateralmente la fine dell’adesione USA all’accordo di Vienna.  

1-      “Joint Comprehensive Plan of Action”, Vienna, 14 luglio 2015, p. 2, http://www.rajanews.com/sites/default/files/content/attaches/story/94-04/23/iran-deal-text.pdf.   

sabato 4 luglio 2015

Segui il "Dipartimento di Studi giuridici, politici ed economici" del Centro Studi Internazionale Dimore della Sapienza su Facebook

Invitiamo i lettori del blog a seguire su Facebook il nuovo profilo del Dipartimento di Studi giuridici, politici ed economici del Centro Studi Internazionale Dimore della Sapienza; il profilo è curato direttamente dal direttore del Dipartimento, dott. Ali Reza Jalali.
 
 


sabato 20 giugno 2015

I "Quaderni della Sapienza". VOLUME I


 

Il Centro Studi svolge attività editoriale attraverso la gestione della Collana "Quaderni della Sapienza", edita dalla casa editrice Irfan Edizioni.

 

Con questo strumento il Centro Studi vuole mettere a disposizione del pubblico le attività, gli studi e le ricerche realizzate attraverso i diversi Dipartimenti, nelle diverse aree culturali e scientifiche, con collaborazioni e contributi sia di soci che di personalità e studiosi esterni.

 

I Soci riceveranno gratuitamente una copia di ogni volume.

 PER CHI NON E' SOCIO IL PREZZO E' DI EURO 15

 

VOLUME PRIMO

 

​(uscita: maggio 2015)

 

Studi giuridici, politici ed economici

 

  • PAOLO BOGNI, Geopolitica e sovranità monetaria
  • LORENZO CENTINILa "Creative Class" di Richard Florida: la nuova frontiera del Capitalismo morale?
 

Studi islamici

 

  • LUIS ALBERTO VITTOR, Verso una definizione di eterodossia nell’Islam
  • SHAYKH ABBAS DAMIANO DI PALMASelezione di tradizioni autentiche dal “capitolo del monoteismo” (kitāb al-tawĥīd) dell’Uŝūl al-Kāfī
 

Studi storici

 

  • PAOLO RADA, La figura di Salman Farsi
  • VALERIA LUSSANA, L'ideologia del Ba'th (hizb al.Ba'th al-arabi al-'Isthiraki) in Siria

 

Studi filosofici, metafisici e tradizionali

 

  • GIUSEPPE AIELLO, La "Hikmat al-Ishraq" di Suhrawardi: rapporti con Zoroastro e Buddha
  • GARY M. LEGENHAUSENLa relazione tra filosofia e teologia nell’era post-moderna

 

Studi iranici

 

  • CLAUDIO MUTTI, Iran, pace e giustizia
  • FILIPPO MARIA BERTOTTI, Vedute di Città Perfette
 
 

Studi linguistici e letterari

  • WENDELL BERRY, Ignoranza (tratto da: Life is a Miracle: an Essay against Modern Superstition, 2000, trad. e note di Eduardo Ciampi)
  • VITO PARISI, Poesie: Virgo Praedicanda, Virgo fidelis, Virgo predentissima
 
Recensioni
  • ADELAIDE SEMINARA, Il Linguaggio segreto dell'Antelami, di Claudio Mutti
  • EDUARDO CIAMPI, Considera la terra, di Lord Northbourne

mercoledì 10 giugno 2015

Ali Reza Jalali – Alcune particolarità della forma di governo della Repubblica Islamica dell’Iran da Khomeini a Rohani

Segnalo la pubblicazione di un mio saggio sul costituzionalismo iraniano sulla versione on-line della prestigiosa rivista giuridica "Diritto Pubblico Comparato ed Europeo" (1/2015)

ultimo-numero


Ali Reza Jalali – Alcune particolarità della forma di governo della Repubblica Islamica dell’Iran da Khomeini a Rohani

http://www.dpce.it/a-reza-jalali-alcune-particolarita-della-forma-di-governo-della-repubblica-islamica-delliran-da-khomeini-a-rohani/

martedì 9 giugno 2015

Alireza Jalali all'IRIB: " Ridimensionamento del partito di Erdogan dovuto ai buoni risultati HDP nelle regioni curde" (AUDIO)


TEHERAN (RADIO ITALIA IRIB) - Ali Reza Jalali, presidente del Centro Studi Internazionale “Dimore della Sapienza”,  saggista e analista delle questioni politiche internazionali partecipando a un'intervista con la nostra Redazione ha esaminato le ragioni della sconfitta elettorale di Erdogan e del suo partito nelle elezioni politiche e il futuro del Paese islamico. 
      
Per ascoltare la versione integrale delle affermazioni di Jalali potete cliccare qui sotto:
 
 

lunedì 8 giugno 2015

Oltre le elezioni. Perché l’Islam politico turco funziona?


                

ANALISI A CURA DEL DIRETTORE DEL DIPARTIMENTO DI STUDI GIURIDICI, POLITICI ED ECONOMICI DEL CENTRO STUDI INTERNAZIONALE DIMORE DELLA SAPIENZA

 
 

 

Ali Reza Jalali

Il dato numerico delle elezioni politiche turche non lascia molto spazio alla fantasia: Erdogan e il suo partito islamico conservatore-moderato si vedono ridimensionati rispetto alla situazione della legislatura precedente, perdendo non solo l’opportunità di raggiungere quei famosi 330 seggi grazie ai quali essi potevano aspirare a mettere mano alla Carta costituzionale della Repubblica di Turchia, traghettando così il paese da una forma di governo parlamentare a un presidenzialismo fatto su misura per il sultano dell’AKP e la sua apparentemente insaziabile sete di potere, ma col risultato di 258 seggi, frutto di quel 40 percento di consensi riscossi nella giornata di domenica 7 giugno, Erdogan e Davutoglu devono dire addio anche al progetto, forse l’obiettivo minimo per gl’islamisti anatolici, di creare ancora un governo monocolore, visto che con quella quantità di seggi non ottengono la maggioranza assoluta del 50 percento più uno dei banchi del Parlamento monocamerale di Ankara.
 
Anche i motivi di questo ridimensionamento per Erdogan sono abbastanza facili da intuire: in primo l’uomo l’ingresso in Parlamento del partito cosiddetto filo-curdo (HDP) ha portato via moti consensi al partito di governo, inoltre vi è anche da considerare un calo fisiologico di consenso per una formazione, quella di Erdogan, che si afferma come primo partito ormai da diversi anni e che nelle precedenti consultazioni politiche aveva raggiunto, col 50 percento dei consensi, un dato tanto importante quanto raro nel panorama politico turco, abituato a governi di coalizione a all’instabilità dell’esecutivo. Tutto ciò, ribadisco, è abbastanza scontato e non c’era bisogno di particolare genio o intuito politico per arrivare ad esternare tali punti di vista. Quello che sembra sfuggire a molti però è un altro dato fondamentale. E’ pur vero che l’AKP non sfonda, ma stiamo sempre parlando di un partito che ha portato a casa una vittoria elettorale, l’ennesima della sua storia poco più che decennale, in un contesto dove tra il primo e il secondo partito, quello dei socialdemocratici del CHP, vi è un abisso (40 percento contro 24 percento).
 
L’analista acuto, a mio modesto parere, più che chiedersi il perché del ridimensionamento, secondo me anche abbastanza fisiologico, di un partito al potere da più di dieci anni, che ha raggiunto negli anni passati delle punte di consenso inconcepibili per qualsivoglia partito turco, di destra o di sinistra, dovrebbe chiedersi il perché del costante successo, nonostante alti e bassi, di un partito islamico del Vicino Oriente, a fronte di altre situazioni, come nei paesi arabi scossi dai tumulti degli ultimi anni, dove l’Islam politico ha dimostrato incapacità e molti difetti nell’azione di governo, dalla Tunisia all’Egitto. In questi paesi infatti, le formazioni ideologicamente affini all’AKP, come Ennadha e i Fratelli Musulmani, dopo un breve periodo di governo, sono stati spazzati via e ridimensionati tramite un processo elettorale (Tunisia) o attraverso un golpe militare (Egitto), che però ha avuto indubbiamente un certo consenso anche nella popolazione, stufa di vedere il proprio paese nel caos. Ciò è ancora più paradossale se si pensa al fatto che in realtà la madre di questa impostazione politica nel mondo islamico, ovvero una ideologia islamica-conservatrice, è stata proprio la Fratellanza Musulmana, nata in Egitto negli anni ’20 del XX secolo, e poi diffusasi in altre zone del Vicino Oriente.
 
In fondo, l’esperienza dell’AKP oggi, e del suo genitore, il partito islamico turco di Erbakan, dichiarato fuorilegge nonostante la sua breve esperienza di governo negli anni ’90, è basata sul modello fondato da Hassan Al-Banna, fondatore della Fratellanza Musulmana, e non viceversa. L’AKP è il figlio turco della Fratellanza Musulmana e il partito di Erdogan tutto sommato ha una storia molto più recente rispetto ai suoi omologhi nel mondo arabo. Se doveva esserci un modello con meno esperienza e meno vincente, doveva essere proprio quello erdoganiano, non quello della galassia islamica moderata e conservatrice dei paesi arabi, considerando anche il contesto laico della Turchia rispetto a quello degli Stati confessionali, parafrasando De Vergottini e il suo manuale di diritto costituzionale comparato, del mondo arabo-mediterraneo, come l’Egitto o altri ancora, dove in ogni caso l’Islam ha una valenza istituzionale importante. Insomma, era più logico pensare a un successo dell’Islam politico nei paesi arabi che non in Turchia; invece, nonostante la poca esperienza dell’Islam politico anatolico in epoca contemporanea rispetto ad altri paesi musulmani, il partito di Erdogan, tra alti e bassi, continua a essere il partito ampiamente più votato dai turchi negli ultimi anni.
 
Potrebbe essere molto difficile spiegare il perché di queste continue affermazioni elettorali – mi sembra che in termini assoluti definire sconfitto un partito che porta a casa il 40 percento dei consensi sia abbastanza azzardato – ma in questa sede, molto brevemente, proporrei una chiave di lettura di questo tipo: la Turchia è, rarissimo caso nel mondo musulmano, un paese retto da un modello istituzionale repubblicano e fortemente laico. Spesso accade che i giovani turchi che provengono da famiglie tradizionaliste, soprattutto femmine, debbano emigrare in occidente per poter continuare i propri studi all’università, e questo è veramente paradossale: esse, musulmane, trovano più libertà religiosa in contesti cristiani che non nella musulmana Turchia. In Europa, a parte qualche eccezione, possono portare il velo nelle aule universitarie, in Turchia no. Questo è solo un piccolo esempio di cosa voglia dire, oltre tutti gli aspetti che possiamo ritenere importanti, come l’economia, la giustizia sociale, la politica estera (chi scrive è ovviamente un forte critico delle mire neo-ottomane di Erdogan), per il ceto medio e per la popolazione delle province, ovvero gli ambienti più legati alla tradizione religiosa del paese, votare per una DC islamica.
 
E’ un voto di appartenenza culturale e identitaria, un voto non certo contro i valori della Turchia moderna o per l’imposizione della sharia - è noto a tutti che l’Islam turco, a parte l’emergere del problema salafita, tristemente comune all’attualità di non pochi paesi dell’area, è particolarmente moderato e tollerante rispetto ad altri paesi – è un voto per ammorbidire un sistema istituzionale, a ragione o a torto, visto come troppo stretto alla storia di quello che fu il più importante paese musulmano per diversi secoli. Il segreto di Erdogan è forse solo e semplicemente questo: essere a capo di un partito islamico moderato, in un paese dove il sentimento di adesione ai valori di una forma islamica compatibile con taluni aspetti del pluralismo e della democrazia è forte, e paradossalmente è stato rafforzato negli ultimi decenni da un sistema istituzionale troppo in antitesi con la forma mentis di una ampia maggioranza di turchi. Aver stretto eccessivamente, dalla nascita della Turchia contemporanea fino agli ultimi anni, le redini del laicismo, ha provocato nella popolazione una reazione concretizzatasi negli ultimi dieci anni con una egemonia dell’AKP che, nonostante la battuta d’arresto di domenica scorsa, sembra ancora lontana dalla via del tramonto; in fondo, proprio il diverso contesto istituzionale del mondo arabo, molto meno laico della Turchia, è una ulteriore prova dell’assenza da parte di quelle popolazioni di un bisogno a una maggiore islamizzazione della società, dove, tutto sommato, lo Stato, guidato da elite militari secolarizzate, non impone una visione riconducibile al fondamentalismo laico, come invece è avvenuto in passato in Turchia, portando in ultima istanza al fallimento di quelle istanze islamiste ritenute in ogni caso non all’ordine del giorno da parte dei cittadini arabi, necessità invece più impellente nel contesto ultra-laico anatolico.